Il GINKGO BILOBA (#)


Introdotto in Europa nel 1730 (solo pochi decenni prima del suo inserimento nel Giardino Inglese della nostra Reggia), il Ginkgo Biloba è originario della Cina ed è l'unico sopravvissuto dell'intero Ordine dei Ginkgoales.
Tecnicamente viene definito come specie relitta e le sue origini sono antichissime, tanto da risalire addirittura al Permiano, 250 milioni di anni fa ...un autentico fossile vivente!

Il nome Ginkgo deriverebbe da una errata trascrizione del Giapponese Ginkyō (ぎんきょう), derivante a sua volta dal Cinese Yin-kuo (銀杏), che tradotto letteralmente significherebbe "albicocca d'argento", mentre Biloba (dal latino Bis+Lobus) si riferisce ai 2 lobi delle sue foglie, caratterizzate da una tipica forma a ventaglio.


E proprio le Foglie, abbastanza spesse e coriacee, sono una particolare caratteristica di questo albero, che in Autunno le vede passare dal loro consueto colore verde chiaro ad un vivissimo giallo acceso, trasformandosi in un piccolo sole brillante nella vegetazione. Giunte al termine del loro ciclo, le foglie cadono in un periodo molto ristretto, lasciando l'albero spoglio e trasformandosi in un autentico tappeto giallo, ancor più esaltato dai verdi prati del nostro Giardino Inglese.


Il Ginkgo non produce veri e propri fiori, ma piuttosto delle squame modificate il cui impollinamento è affidato alla dispersione del vento (ematofilia)


Inoltre, appartenendo alle Gimnosperme (i cui semi non sono protetti dall'ovario), i suoi "frutti" a forma di albicocca, prodotti dagli esemplari femmina (si tratta infatti di una pianta dioica, con esemplari maschili e femminili separati) non sono in realtà frutti, ma semi rivestiti da uno strato carnoso.


A parte l'evidente utilizzo ornamentale, sia in dimensioni naturali che in forma di Bonsai (non dimentichiamo che è originario della Cina), il Ginkgo è anche molto diffuso in Falegnameria come legno da intaglio (sebbene la sua qualità non sia eccelsa) ed in ambito culinario, per i suoi semi che in Asia sono noti come White Nuts e vengono utilizzati anche come contorno o aggiunti a piatti come il Chawanmushi, una sorta di budino usato come antipasto e servito in una tradizionale ciotola da Thè.


Ma il Ginkgo Biloba è noto anche per le sue proprietà medicinali che ne hanno determinato la diffusione come integratore alimentare con importanti effetti antiossidanti attraverso l'eliminazione dei radicali liberi.

I suoi Principi Attivi (Bilobalide, Ginkgolidi, Acidi Ginkgolici, Procianidina, Quercitina, Isoramnetina, Flavonoidi Kaempferolo) hanno importanti e dimostrati effetti terapeutici, in particolare per il trattamento di:
  • declino cognitivo (ancora controversa, tuttavia, la sua applicazione per l'Alzheimer)
  • patologie neurologiche e psichiatriche (es. Schizofrenia)
  • disordini vascolari (es. aumento del benessere nella terapia radiante di tumori cerebrali e prevenzione infarti)
  • sindromi metaboliche (es. riduzione placche arteriosclerotiche).

Una pianta dagli effetti medicinali così importanti da essere stata inserita nel primo erbario cinese per il trattamento di Cuore, Polmoni, Asma e Geloni; mangiato dagli antichi Orientali in forma di semi tostati come digestivo, dato dai guaritori indiani ayurvedici come elisir di lunga vita e piantato dai monaci buddhisti accanto al loro Thè.

Uno spettacolo tale da meritare certo una breve interruzione del Running per passare magari a qualche secondo di Silvoterapia! 😉


CURIOSITA'
In Giappone, il Ginkgo è il simbolo della città di Tokio e 6 esemplari ancora viventi sono sopravvissuti al bombardamento atomico di Hiroshima (nessun altro albero si è ripreso), divenendo così per i Giapponesi anche il simbolo della Rinascita.

Quando questo fossile vivente (già noto per i suoi ritrovamenti fossili in senso proprio) fù scoperto, ci fù un'autentica fibrillazione di tutto il mondo scientifico e gli Orti Botanici fecero ovunque a gara per accaparrarsene un esemplare, in particolar modo quello di Parigi, che arrivò a pagare la somma di ben 40 scudi, conferendo così alla pianta il nuovo appellativo di "albero dei 40 scudi".

Infine Goethe, che ebbe occasione di ammirarla nel 1815 all'interno del parco del Castello di Heidelberg, ospite di Marianne Von Willemer, rimase così affascinato da questa pianta da dedicarle perfino una poesia in onore della stessa Marianne.


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